Mi sono avvicinata al patchwork, come spesso accade, per puro caso. Sono andata all’ipermercato con mia figlia e all’interno c’era una mostra patchwork e ne sono rimasta entusiasta.
A maggio 2002 mi sono iscritta al corso base scoprendo così il lato umano e sociale del patchwork: si cuce insieme, si ride, ci si consiglia, ci si aiuta; e quello terapeutico: non ci si può distrarre perché devi calcolare i margini di cucitura, stirare, rifilare, cucire, avvicinare nuovi colori… e così facendo si dimenticano un po’ i propri problemi e i propri dolori.
Grazie al patchwork mi si è aperto un mondo sconosciuto. Nei primi quattro anni ho seguito tutti i corsi possibili e ho capito le potenzialità che ogni tecnica mi poteva dare per esprimere tutto quello che avevo dentro di me.
Pian piano ho cominciato a creare un modo tutto mio di fare patchwork, mi piacciono le figure, i ritratti, fissare momenti a me cari su stoffa. Con gli anni ho perfezionato la tecnica della pittura su stoffa e determinante è stata la scoperta dei pastelloni ad olio. Non amo ripetere le stesse tecniche, così in ogni lavoro inserisco qualcosa di diverso.
In poco tempo ho vinto due concorsi mondiali, una menzione d’onore a Houston, il Fuijx Ltd Award a Tokyo e tanti altri premi.